ODEN
In Giappone con l’arrivo del primo freddo inizia la stagione in cui si ha voglia di mangiare oden おでん, uno dei piatti invernali più tradizionali della cucina giapponese. Probabilmente è tanto amato per il suo brodo caldo, a base di dashi e alghe konbu, a cui si aggiungono ingredienti che dovranno cuocere a fuoco lento. La lista dei cibi che compongono questo stufato alla giapponese è lunga, ma tra i più popolari bollono in pentola: l’uovo (tamago), il daikon (rafano), i nervetti (suji), i funghi shitake, il paté di pesce (chikuwa) e quello del tubero konnyaku, il tōfu e le patate. In chiusura, un pizzico di karashi (mostarda giapponese), ai bordi del piatto, per dare un tocco stuzzicante e piccante agli ingredienti, che hanno assorbito il brodo di cottura. È un piatto servito con una buona birra ghiacciata nelle izakaya (buono è quello di Tenmaru a Kumano), lo si può preparare a casa o prenderlo già preconfezionato al supermercato, basta riscaldarlo in acqua bollente, lasciando sigillata la confezione. A fine autunno, inizio inverno appaiono in prossimità delle casse dei convenience stores (konbini) i banchetti di oden, che è anche un popolare street food delle fumeggianti bancarelle (yatai 屋台) giapponesi. Se invitati a casa da un amico giapponese è probabile che ve lo prepari o che lo consumiate insieme durante un matsuri. Questo confort food ha una lunga storia alle spalle, incuriosita ne ho ricercato le origini e sembra che il suo progenitore sia il dengaku, spiedini di tōfu cotti in salsa di miso, popolarissimi nel periodo Heian e Muromachi. Questo modo di servire il tōfu prenderebbe il nome dall’omonima e contemporanea danza rituale, dengaku 田楽 (musica, divertimento delle risaie), ballata su dei trampoli al ritmo di flauti e tamburi, con cui si pregava per un ricco raccolto. Eseguita direttamente nei campi allietava gli agricoltori, ma anche le divinità, predisponendole a concedere un abbondante raccolto e protezione alla comunità. Il modo di cucinare il tōfu con degli spiedini lunghi e piatti prese lo stesso nome della danza per l’assimilazione all’immagine dei trampoli. Un senryū (piccoli componimenti poetici) del 700, che recita: 田楽は昔は目で、今は食い (Un tempo il dengaku si guardava, oggi si mangia), indica la distinzione in corso. Il tōfu servito con gli stecchini raggiunse una tale popolarità da comparire tra le pagine del popolare “Tōfu Hyakuchin”, un libro di cucina del 1782, dove sono elencate 100 ricette a base di tōfu.
Una popolarità che traspare anche dall’ukiyoe di Nishikawa Sukenobu, attivo a Kyōto nel periodo Edo, che mostra una donna che griglia spiedini di tōfu (una stampa della serie Hyakunin jyorō shisadame, cento immagini di cortigiane a paragone). Passeggiando oggi nelle antiche strade di Edo, attuale Tōkyō, incontreremo, in questa fredda giornata di fine novembre, furiuri di oden, venditori ambulanti che giravano, fino ai tempi moderni, per le strade con ceste di bambù, tinozze colme di pesce, verdura, oden e quant’altro, richiamando a sé i clienti a voce alta. Dall’immagine dei cesti che oscillano sull’asta (天秤棒), portata in spalla dal venditore, deriva la stessa parola furiuri, composta dai caratteri del verbo oscillare 振 e vendere 売 ≡ 振売. Personaggi così caratterizzanti della vita e della cultura popolare del periodo Edo da comparire anche come personaggi di kabuki. Insieme alla crescente diffusione dell’abitudine di consumare un pasto veloce e caldo fuori casa 外食, nel tardo periodo Edo iniziarono ad apparire l’una dopo l’altra bancarelle mobili di cibi e bevande. La serie di ukiyoe di Utagawa Hiroshige “Takanawa nijūroku ya machi yūkyo no zu” (Immagini dei piaceri a Takanawa mentre si aspetta la luna della notte del 26), mostra come i yatai fossero amati dai solitari edoko. L’oden in brodo, come oggi è solitamente consumato dai giapponesi, entrò in circolazione quando nel tardo periodo Edo fiorì la produzione di soia. Forse gli ambulanti pensarono che fosse più semplice tenere pronta e in caldo una zuppa che non dover preparare sul momento degli spiedini?! Il nome 'oden' sarebbe, dunque, parte dell’antica parola “dengaku” con l'aggiunta del prefisso onorifico “o”. Fino agli anni ’20 dell’era Shōwa l’usanza di preparare l’oden a casa non era ancora diffusa, come mostra la bellissima fotografia in bianco e nero di Domon Ken, ma veniva consumato in qualche negozio specializzato o servito alle bancarelle. Infatti, quando si parla di oden, molti giapponesi associano l’immagine di questo stufato al personaggio di Chibita, venditore ambulante, nato dalla matita del mangaka Fujio Akatsuka. Soltanto nel secondo dopoguerra con il crescente benessere economico l’oden, soul food della gastronimia giapponese, diventò anche un piatto casalingo, quando al supermercato (il primo fu aperto negli anni ’50 del 900) iniziarono ad essere messi in commercio prodotti alimentari come la pasta di pesce o il brodo già pronto. Si entrava anche nel periodo del 作るそばから売れた tsukuru soba kara uretta, parole che indicano la vendita immediata di un prodotto appena lo si lancia sul mercato.
