L'ANTICA FIERA DEL FOLPO DI NOVENTA
La Fiera del folpo (polpo in dialetto veneto) ha origini antiche, secondo documenti storici risalirebbe al Settecento e sarebbe nata per mostrare le produzioni agricole di fine stagione, favorendo l’economia locale. Sin dagli inizi la Fiera aveva una sfumatura divertente, caratteristica di una festa paesana, ma nell’Ottocento divenne frequentata non solo per il mercato agricolo, bensì per le giostre e le bancarelle con i prodotti del territorio. Anche a quel tempo si poteva cogliere la golosa occasione di ristorarsi presso le bettole, fare un giro in giostra e godere dell’ampia sfilza dell’offerta commerciale. Indiscusso protagonista della fiera è il polpo o “folpo” (moscardino grigio che vive nei fondali sabbiosi del Mar Adriatico, tra la laguna di Venezia e di Chioggia). Il principe delle acque lagunari tesse legami golosi e tentacolari con il territorio. La ricetta originale del “folpo” risale al Seicento, quando i nobili veneziani iniziarono a considerare Noventa Padovana un territorio idoneo alle loro lunghe ed oziose villeggiature in ville nobiliari lungo il fiume Brenta.
Una sorta di avamposto nel territorio dei “gran dottori” (Padova). Oggi come da tradizione “il folpo” è il piatto per eccellenza dell’antica Fiera, cibo di strada, che va mangiato in piedi lungo la via con il solo utilizzo di uno stuzzichino. E magari accompagnato da un’ombra di torbolino, il primo vino ottenuto dalla recente vendemmia. Tradizione che si tramanda grazie ai “folpari”, i venditori di folpi che si spostavano di mercato in mercato, di fiera in fiera appoggiandosi a bettole ed osterie locali. Chi visita la Fiera, passeggia su un territorio ricco di storia ed originalità, dovuta anche dalla sua posizione a cavallo tra due corsi d’acqua, Brenta e Piovego, e tra le due province di Padova e di Venezia. Un connubio unico tra pianura e mare.
La cultura del cibo si esprime anche attraverso la scoperta di un territorio e non solo scovando ricette che, se collocate al di fuori del contesto nel quale sono nate, possono offrire nell’immediato gioia al palato, ma che potrebbero essere destinate nel tempo all’oblio. E per far sì che questo non accada occorre conoscenza, gambe nuove, sulle quali la tradizione possa camminare e guardare con orgoglio e curiosità al passato e al futuro in mix tra tradizione e contemporaneità.